Io, sempre in ritardo
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Io, sempre in ritardo. Io, eterna seconda. Io, in fila ad aspettare il mio turno.

Sono anni che non uso il blog come diario, e dire che nel lontano 2014 (ben 10 anni fa) lo avevo creato con questo intento. All’epoca il blog aveva un altro nome, ma poco importa; condividevo ricette – brutte – e pensieri sinceri, raccontavo le mie giornate e i miei sogni. Poi, a poco a poco, senza nemmeno rendermene conto, ho cominciato a vederlo e a trattarlo come un lavoro; quel lavoro che non riuscivo a trovare fuori ho provato a crearlo qui dentro a mia immagine e somoglianza. Tutto bello fino a che.

Facciamo un passo indietro, se no non si spiega il titolo del post.

Sono entrata nel mondo del lavoro nel 2007, avevo appena iniziato la laurea magistrale in sociologia, ma già il mondo della comunicazione mi affascinava e, complice la mia innata curiosità e la voglia di indipendenza, ho trovato uno stage in un ufficio stampa, DMS Diffisione Immagine, un team composto da 7 donne meravigliose che hanno saputo insegnarmi pazientemente un mestiere. Grazie.

Tra i loro racconti anche i ricordi di cosa significava “fare ufficio stampa a Milano negli anni ’80 e ’90”, le conferenze faraoniche, i viaggi stampa dall’altra parte del mondo e i lanci di prodotti avvenieristici per l’epoca (loro per esempio si sono occupate del lancio della prima macchina fotografica Kodak usa e getta) tutto ancora da costruire. Perfetto, io sono arrivata quasi alla fine del primo decennio degli anni 2000, ero in ritardo e mi sono persa tutto (o quasi). Il mondo delle pubbliche relazioni stava cambiando, i budget non erano più quelli di un tempo, stavano per affacciarsi i social media (di lì a poco le aziende avrebbero capito il potenziale comunicativo di Facebook) e la concorrenza era spietata.

Mi laureo due anni dopo con una tesi sugli “spazi parlanti”, ormai la mia strada nel mondo della comunicazione era segnata. La Prof.ssa Musso, relatrice della tesi, mi volle con se in Università Cattolica come Cultore della materia, ruolo che ricopro ancora oggi con ogoglio; ma la mia grande passione per la scrittura e il sogno di diventare giornalista mi portano, qualche mese più tardi, nella redazione di una testata di settore, Pubblicità Italia, che purtroppo ora non c’è più. Sì, perchè quando finalmente due anni dopo – siamo ormai nel 2012 – mi iscrivo all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e sono pronta per fare il salto, l’editoria tradizionale entra in crisi; ed eccomi di nuovo in ritardo.

Ho mandato così tanti curricula da aver perso il conto. Nei due anni successivi ho scritto qualche volta per Glamour, Casa Stile e qualche altra testata di nicchia del settore comunicazione, sempre “per visibilità” però; ma andava bene così, dovevo farmi le ossa, dovevo farmi un nome, dovevo sperimentare bagliare e dimostrare quello di cui ero capace. Ero in fila, ma non arrivava mai il mio turno.

Nel frattempo dovevo guadagnare, la sola Università non era sufficiente per mantenermi. Faccio la commessa in un negozio di abbigliamento, la baby sitter, trovo qualche ufficio stampa che come free lance mi commissiona qualche comunicato qua e la, quando nel 2014 decido che avrei scritto con o senza un editore.

Apro così il mio primo blog. Senza nessuna competenza tecnica sbarco su blogspot con il nome di Love.Life.Lunch, un nik name che mi era venuto in mente dopo aver visto il film mangia, prega, ama; mi sembrava un mantra carino che potesse racchiudere tutte le mie passioni. Ah sì, nel frattempo mi sposo e scopro che mi piace cucinare e sono anche bravina – maledetta multipoteziale che è in me!

Da qualche anno era arrivato in Italia anche un nuovo social network, Instagram, che permetteva di conividere fotografie e istantanee di vita. Mi iscivo, ma non lo associo subito al blog anche se intorno a me c’erano già le prime foodblogger che grazie ai social facevano carriera e collaboravano con i brand; io volevo solo scrivere per una “rivista vera”. Continuo a cucinare e a scattare bruttissime foto col telefono che poi posto e racconto sul blog prima, e su Instagram poi; senza aspettarmi niente di che.

Ma quando l’ambizione fa parte del tuo DNA è difficole soffocarla. 4 anni dopo compro un dominio e creo (anzi, faccio creare a dei professonisti) il mio sito, si chiama Storie di ordinaria cucina; studio la SEO, faccio corsi di fotografia e di food writing, leggo libri, partecipo a fiere, contatto brand e agenzie, preparo un media kit con i miei lavori, mi presento come professionista, non condivido più selfie a casaccio ma solo foto e testi con una storia.

Metto a fuoco il mio percorso, ma pare non essere sufficiente: amo cucinare sì, ma sono prima di tutto una giornalista. E allora voglio raccontarlo il cibo, in tutte le sue poliedriche e affascinanti eccezioni; perchè il cibo non riguarda mai solo il cibo, ma è anche luoghi, esperienze e persone. Voglio studiare, scoprire, viaggiare e assaggiare un paese alla volta, voglio lasciarmi stupire e poi tornare in cucina per scrivere e, perchè no, replicare anche qualche piatto.

Ho come l’impressione che la mia idea e il mio racconto non interessino, soprattutto alle tanto sognate – e agognate – riviste a cui ambisco (perchè negli anni mica smetto di propormi). Io, eterna seconda, in fila ad aspettare ancora una volta un turno che non arriva mai in un mondo in cui sembra che tutto sia già stato fatto, detto, scritto, visto e soprattutto…postato.

Io, sempre in ritardo

La mia generazione è stata cresciuta al motto di “sei puoi sognarlo, puoi farlo” o “se vuoi, puoi”, che sono poi la stessa cosa. Niente di più sbagliato, ci stavano mentendo. Spesso la volontà, la determinazione e anche la preparazione non sono abbastanza, nella vita ci vuole tempismo e anche un briciolo di fortuna.

Lo so che questo flusso di coscienza potrebbe sembrare più un lungo elenco di lamentele, e forse un po’ lo è. Ma è anche un punto fermo da cui ricominciare – ancora una volta – perchè, nonostante lo sconforto, la frustrazione, le tante porte in faccia e quella scoraggiante sensazione di sentirsi sempre in ritardo, sempre un’eterna seconda, io ho imparato ad aspettare in fila – pazientemente – il mio turno. Prima o poi arriverà, almeno in questo voglio crederci.

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2 comments
  1. E all’improvviso mi sento chiamata in causa. Ne è passato di tempo ma nemmeno così tanto… c’è ancora strada da percorrere e anche in piano!

    1. E come dimenticarvi! Sono stati anni molto preziosi. Sarà che sono stanca e demotivata ma la strada più che lunga la vedo mooolto difficile, però non mollo, un abbraccio e grazie

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